Resto qui di Marco Balzano

Resto qui di Marco Balzano è un romanzo storico ambientato a Curon tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento, periodo in cui si costruisce la diga del lago di Resia e il paese originario viene evacuato e sommerso. capanno Austria

Fino a quel momento, specie in queste valli di confine, la vita era scandita dai ritmi delle stagioni. Sembrava che quassù la storia non arrivasse. Era un’eco che si perdeva.

I protagonisti sono Trina, figlia di un falegname, e suo marito Erich, allevatore e contadino orfano di entrambi i genitori. La storia inizia nel 1923 quando Trina, voce narrante, si diploma e si rende conto che per lavorare come maestra deve studiare l’italiano. Fino a poco tempo prima, a Curon, paese del Sudtirolo vicino al confine con la Svizzera, la lingua era il tedesco e il lavoro quello nei campi e nelle stalle.

Con Mussolini al potere in Alto Adige arrivano colonie di italiani, i fascisti occupano i servizi pubblici e l’unica lingua ammessa è l’italiano. E il governo con l’intento di sfruttare l’acqua – oro bianco dell’Alto Adige – inizia a rimettere mano a un progetto del 1911: la costruzione della diga.

Dal primo momento è stato noi contro loro. La lingua di uno contro quella dell’altro. La prepotenza del potere improvviso e chi rivendica radici di secoli.

Per Trina ed Erich, così come per chi resta a Curon, la vita comincia ad essere intrisa di resistenza e sopravvivenza. Per resistere e sopravvivere all’imposizione dell’italiano e al divieto di parlare tedesco, si organizzano le catacombe, scuole tedesche clandestine improvvisate in cantine, soffitte o nei campi, dove Trina finalmente inizia a insegnare.

Nel 1939 a Curon arrivano gli annunci seduttivi dei tedeschi di Hitler, che promettono una patria a chi aderisce alla ‹‹grande opzione›› e sceglie di andarsene dall’Italia per rifugiarsi nel Reich. E di nuovo chi resta deve resistere e sopravvivere.

Tutti non facevano che parlare di andar via, immaginando i posti dove il führer li avrebbe mandati e cosa gli avrebbe dato per ciò che lasciavano qui. Quali masi, quale zona del Reich, quanti capi di bestiame, quanta terra. Davvero erano esasperati dai fascisti per credere a quelle balle. I pochi, come noi, che decisero di restare venivano insultati. Ci chiamavano spie, traditori.

E poi scoppia la guerra e arriva la chiamata alle armi, i giovani di Curon vengono arruolati prima sul fronte italiano e poi, dopo l’armistizio, quando il paese diventa parte del Reich, a reclutarli sono i tedeschi.

Negli stessi anni viene rilasciato il permesso per iniziare i lavori alla diga e, a guerra finita, il desiderio di tornare a fare la vita di sempre finalmente in pace è solo un’illusione. Trina, Erich e chi è rimasto devono di nuovo resistere e sopravvivere. Curon è tornato ad essere territorio italiano e il cantiere della diga riapre. Il paese si avvia al suo destino programmato in nome del progresso: essere raso al suolo e ricostruito sulle sponde del bacino artificiale di cui diventa il fondale.

acqua lago

Quella di Trina ed Erich è una storia di resilienza. Non ci sono azioni violente né cambiamenti radicali. Si prende in mano una pistola o si fugge solo se non c’è alternativa. Per lo più si osserva per capire quel che succede. E ci si rende conto che per restare si deve imparare.

gesti sono quelli del lavoro in casa, nei campi, in bottega o a scuola, mentre la voce è quella delle parole. Si imparano il più possibile parole in italiano per leggere gli avvisi affissi in municipio, per scrivere, chiedere e farsi ascoltare dalle autorità. E soprattutto si impara a restare, nonostante amici, fratelli, genitori e figli nel frattempo se ne siano andati.

Perché vuoi restare qui se rimarremo senza lavoro, se non potremo più parlare tedesco, se distruggeranno il paese?
–  Perché qui ci sono nato, Trina. Ci sono nati mio padre e mia madre, ci sei nata tu, ci sono nati i miei figli. Se ce ne andremo avranno vinto loro.

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Resto qui di Marco Balzanoultima modifica: 2018-08-03T00:13:11+02:00da lesenedelase
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