Storia di un piccolo auto-sabotaggio anti stress

Mi capitano soprattutto d’inverno quei periodi da mille cose da fare a velocità doppia e anche se so di essere sotto pressione proseguo convinta che un po’ di marcia veloce accorci anche le distanze da un’oasi di tregua. Niente di più improbabile, di fatto continuo a raccogliere surplus di impegni e accumulo stanchezza. Finché, come due giorni fa, la bolla di frenesia d’improvviso scoppia e a salvarmi è un bel auto-sabotaggio. stress autosabotaggi

La catastrofe di solito si pre-annuncia perdendo qualcosa: una sciarpa, il badge dell’azienda, un orecchino. Delusa dal mio essere distratta, mi rassegno e mi dico che forse sono un po’ stressata.

Ma proseguo esattamente allo stesso modo. Ed ecco un’altra avvisaglia: dimentico di puntare la sveglia o di fare una telefonata importante o peggio litigo con una persona cara perché non le ho dato il giusto ascolto. Di nuovo mi dico che sono un po’ stanca. Dovrei rallentare e invece proseguo. Finché un giorno sparisce qualcosa di importante, qualche anno fa mi è successo addirittura con l’auto, l’altro ieri invece in pochi minuti non avevo più il mio smartphone.

Finalmente devo fermarmi per trovare una soluzione. E proprio lì si infila un perfetto meccanismo di auto-sabotaggio. Perché invece di pensare e ascoltarmi riprendo il mio macinare veloce e punto dritta al mio obiettivo. La foga da problem solving riordina tutti i pensieri in una versione ricca di particolari avversi e abbraccio con certezza rassicurante la tesi del furto: un paio di individui dall’aria un po’ trasandata che sono saliti sull’autobus mi avrebbero aperto lo zaino e rubato lo smartphone, che in realtà è semplicemente scivolato sul fondo.

Armata di telefono e pc aziendale (estratti dallo stesso zaino!) trascorro il viaggio Bergamo-Milano intenta a ridimensionare i danni del furto. Faccio un reset da remoto del telefono e ottengo dalla compagnia telefonica il blocco della Sim card. Cerco l’indirizzo del commissariato più vicino all’ufficio per andare a sporgere denuncia nel pomeriggio e finalmente mi rilasso, pronta a lavorare fino alla pausa pranzo. Poco dopo mezzogiorno riapro lo zaino e insieme ai crackers riemerge anche il mio smartphone, incredula lo accendo e lui mi illumina con una schermata bianca e la scritta “iniziamo la configurazione“.

Mi viene da ridere. Non è la prima volta che mi metto nel sacco da sola. La novità però é che non mi arrabbio anzi mi sento sollevata. Non mi torturo come le altre volte con il rimprovero che sono inaffidabile per me stessa. In fondo non è successo quel che temevo: nessuno mi ha sottratto cose molto personali. Quindi penso a questo piccolo auto-sabotaggio come ad un salvagente, mi dice che per non fare ulteriori danni devo fare un passo indietro.

Così sabato, sono riuscita per mezza giornata a mettere finalmente in stand by tutti i miei bei programmi e ho fatto una cosa semplice che rimando da mesi, sono andata alla scoperta di un posto nuovo in mezzo al verde non molto lontano da Bergamo: il Santuario della Madonna della Cornabusa. E oggi mi sono già rimessa all’opera ma spero con meno foga e più fiducia.

© Riproduzione riservata – photo credit La Sere

Storia di un piccolo auto-sabotaggio anti stressultima modifica: 2022-03-27T21:55:30+02:00da lesenedelase
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