Di luoghi, smartworking e viaggi

Se mi chiedete cosa c’è in comune tra zone rosse, smartworking e viaggi io vi dico che la voglia di viaggiare e il dover stare a casa sono due realtà molto distanti ma entrambe hanno a che fare con il modo di vivere i luoghicielo

È strano scrivere di viaggi oggi che di nuovo siamo chiusi in casa per contenere la pandemia da Coronavirus. Ora i viaggi al massimo sono allucinazioni di esperienze vissute ma difficilmente sono progetti, idee o anche solo sogni.

Strano è per me scriverne in un periodo in cui a tenermi in casa legata al tavolo della mia cucina è il lavoro in smartworking e il lavoro negli ultimi mesi occupa troppi dei miei pensieri, riesce ad infilarsi persino nel sonno della notte. Viaggiare…dunque…sarebbe già un gran viaggio non dover accedere quel pc ogni mattina.

Un anno di smartworking ha reso il lavoro tutt’altro che smart. Oltre a non essermi mai abituata fino in fondo a far convivere casa e lavoro, il lavoro è diventato più invadente. Il tempo passa tra un ping pong di mail, taglia e incolla, patchwork di pdf, consultazione di documenti da afferrare, mollare e sfogliare con il mouse. Ultimamente ho la sensazione di essere diventata io stessa un computer. E certi giorni telefonate fiume si susseguono senza interruzione e troppe sono le inutili video conferenze organizzate da chi probabilmente le considera il miglior passatempo.

E in più, in questo anno, l’azienda per cui lavoro ha pensato bene portare a termine il suo piano di riorganizzazione degli spazi. Da luglio condivido l’ufficio con un altro collega, lo utilizziamo però a turno perché – causa pandemia – non possiamo mai essere compresenti. E da una pochi giorni mi è stato detto che il primo aprile la mia postazione viene soppressa e spostata in un’altra sede.

Così d’improvviso, pur continuando a lavorare a casa, non ho più quel luogo che da nove anni era il mio luogo lavorativo, l’ufficio che con la pandemia è diventato un posto pericoloso e che nel marzo 2020 da un giorno all’altro ho dovuto lasciare, convinta di tornarci dopo quindici giorni. Quell’ufficio in un anno è diventato il posto dove poter lavorare solo previa autorizzazione in caso di motivate questioni indifferibili. In un anno ci sono tornata una volta al mese e fra pochi giorni non sarà più quello. Avrò un ufficio nuovo, in una nuova sede, con nuovi colleghi, ma avrò giusto il tempo di passarci una giornata, porto lì le mie cose e poi anche lì ci tornerò solo ogni tanto, visto il regime di smartworking.

E per fortuna, mi dico, che sono in smartworking, forse stare a casa rende più leggero il cambiamento, ma questo è vero solo in parte. Anche stare a casa in smartworking significa ambientarsi, devi capire dove riesci a stare seduta per almeno otto ore incollata ad uno schermo, devi gestire il sottofondo dei rumori del vicino che sta ristrutturando casa e devi scegliere quale visuale offrire di te e di casa durante le video conferenze (non sopporto gli sfondi finti!).

Insomma da un anno ho dovuto abituarmi a portare il lavoro dove mi è concesso e che cos’è questo se non l’abituarsi a portare se stessi in giro per il mondo? Lo so è un pensiero azzardato, ma in qualche modo devo pur consolarmi! In fondo viaggiare non è solo far visita a un museo o immergersi nella natura di un’escursione in montagna. Viaggiare è anche e forse soprattutto trovare un luogo dove mangiare la sera quando sei stanco o capire cosa fare quando piove e la tua meta offre attrattive solo all’aria aperta. In viaggio quel luogo vuoi che sia adatto a te, deve essere un posto in cui, a prescindere dalle condizioni esterne (la pioggia o la pandemia), puoi starci bene.

Viaggiare insegna che nessun luogo è completamente tuo, perché neanche casa tua è completamente tua quando lavori in smartworking! Se viaggi però sai che coltivi sempre un po’ di fiducia nel saperti ambientare ovunque e hai bisogno di poco per sentirti a tuo agio. Viaggiando impari a disfarti il più possibile delle zavorre di cose e di pensieri e ti concentri solo su quello che effettivamente hai bisogno di avere con te. Di solito sono cose che hai già nella tua borsa che si sommano alle piccole sicurezze che col tempo hai creato in te stesso, per il resto ti muovi nel mondo sapendo che quel che ti manca alla fin fine l’hai sempre trovato a destinazione.

Viaggiare ti porta di più verso quel che trovi e ti lega meno a quello che lasci. Viaggiare è un continuo ambientarsi e cambiare luogo e ogni cambiamento è faticoso, ne è prova il fatto che oltre a lavorare in questi giorni devo organizzare anche il trasloco della mia postazione, ma tra incognite e dubbi, di fronte ad un problema che non posso evitare, il pensiero che mi viene sempre è: in qualche modo si farà. E forse qualcosa di nuovo di questi tempi è tutta salute!

© Riproduzione riservata – Immagini de La Sere

Dedico questo post alla mia città, Bergamo, che oggi insieme a tutta Italia ha ricordato le persone morte a causa del Coronavirus

 

Di luoghi, smartworking e viaggiultima modifica: 2021-03-18T21:48:58+01:00da lesenedelase
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