I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa è un romanzo in cui la curiosità e vitalità di una ragazza delusa si riaccende grazie ai pochi mesi vissuti nel quartiere dei libri di Tokio. 
Se non fossi finita in quella libreria adesso starei vivendo ancora una vita a metà.
Takako ha venticinque anni e improvvisamente è rimasta senza fidanzato e senza lavoro. Dopo un mese trascorso prevalentemente a dormire accetta l’invito dello zio Satoru e si trasferisce a Jinbōchō, quartiere delle librerie di Tokio dove gestisce la libreria Morisaki, piccolo negozio di libri usati.
Inizialmente Takako non mostra alcun interesse per ciò che le sta intorno e, se Satoru non ha bisogno del suo aiuto, lei si ritira nella stanza sopra la libreria e dorme per tenere lontani i brutti pensieri. Le pile di libri per Takako sono poco più di inutili ammassi di carta, muffa e polvere e lo zio sembra un sognatore senza grandi prospettive. In libreria girano pochi clienti, eppure Satoru è sempre allegro e nel quartiere è ben voluto da tutti.
Una sera Takako non riesce ad addormentarsi, prende un libro e, catturata dalla narrazione, trascorre l’intera notte a leggere. Scopre così la sete di conoscere storie e la piacevole sensazione di affinità e incontro con chi ha già letto le stesse pagine. Inizia a frequentare il Subouru, locale dove conosce Tomo, Ben e Wada, e si interessa a quel che è successo allo zio negli ultimi anni.
Per molti amanti della lettura comincia tutto dall’incontro con un libro che si trasforma in un’esperienza indimenticabile.
Takako e Satoru costruiscono quel legame di complicità che dieci anni prima si era interrotto. Lui la aiuta a liberarsi dal rancore della delusione d’amore e lei a riavvicinarsi alla moglie Momoko. In pochi mesi Jinbōchō diventa per Takako un posto da cui ripartire e dove periodicamente tornare. E la libreria Morisaki una metafora della lettura: rifugio per dare pace a se stessi ma anche curiosità che muove verso i luoghi e le storie delle persone intorno a noi.
Le circostanze inattese ci aprono porte che neanche immaginavamo. Ed era proprio così che mi sentivo.
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