Il viaggio insegna sempre qualcosa ma è viaggiando da sola che ho imparato a portare in giro me stessa. 
Viaggiare da soli non è un’esperienza necessaria. E in questo post non proverò di nuovo a convincervi che viaggiando da sola parto senza dover aspettare nessuno e senza dover rinunciare a un viaggio pur di avere un compagno che parte con me. No, qui parlerò di quel riuscire ad assecondare e rendere piacevole un desiderio o un bisogno che capita a tutti.
Prendere e andare ogni qual volta mi va di portare a spasso me stessa è un benefit tanto banale quanto fondamentale che il viaggiar da sola mi ha regalato. Insomma a chi non capita il momento in cui hai voglia di farti un giretto? Devi muoverti per lasciar andare i pensieri in libertà o semplicemente non hai voglia di stare a casa e ti basterebbe una pausa pranzo diversa o uscire una sera d’estate a camminare per le strade della tua città o una domenica pomeriggio con intorno la vista lago.
Ecco in questi momenti, se sei una di quelle persone che per uscire a fare una cosa bella non può prescindere dal farlo in compagnia, e magari succede che un alleato non c’è o non lo trovi, è facile che rinunci oppure prendi e vai lo stesso da sola ma non sai bene dove andare. In giro da sola ti senti ancora più sola e non sai cosa fare e a quei pensieri a cui volevi dare tregua se ne aggiungono altri e alla fine ti intristisci e maledici quell’idea che ti diceva che avevi bisogno di farti un giretto.
Se invece sei una che ogni tanto si fa un viaggetto in solitaria, sei già lì che pensi a dove andare e sai che difficilmente tornerai pentita. Quando ho voglia di portarmi in giro subito attivo il pensiero creativo e organizzativo. Penso a quanto tempo ho a disposizione, dove vorrei essere e cosa vorrei fare. E – così come succede quando sono in viaggio – provo a guardare come se fossi in viaggio quel che ho intorno: la mia città, le montagne, le passeggiate all’aperto, i laghi.
Viaggiare da sola mi ha resa più capace di individuare piccole esperienze di viaggio senza andare tanto lontano da casa. È così che sono nate le camminate sulla neve al Monte Pora, i brevi trekking estivi al tramonto nel bosco dopo lo smart working, un giro in bicicletta prima che sia buio, un sabato a Salò d’inverno o al Santuario della Cornabusa.
Prima di viaggiare da sola queste idee neanche mi venivano, perché pensavo che il primo obiettivo fosse stare in compagnia e il dove andare e cosa fare sarebbero arrivati di conseguenza. Ora invece quel che sento è la voglia di fare e di andare, e penso alla situazione che mi aspetto: voglio stare da sola o coinvolgere un amico? E comunque so che da qualche parte andrò, a prescindere dalla compagnia, e i miei pensieri saranno appunto per lo più creativi e organizzativi.
Mi concentro sull’esperienza, voglio stare in movimento o fermarmi e lasciarmi avvolgere da un paesaggio? Meglio un posto affollato o uno spazio deserto che sembri lì solo per me? E poi si aggancia tutto il resto: come mi vesto, ho voglia di star fuori a pranzo, prendo un biglietto del treno o faccio benzina. Ok, preparo la borsa e via. Esco di casa e già sono contenta perché so che mi gusterò questo giretto anche da sola e anche nel caso in cui l’idea di uscire è venuta da plumbei pensieri di una giornata no.
È questo il banale ma fondamentale benefit del sapersi portare in giro. Insomma, ho più di quarant’anni e sono single, viaggiare per me non può essere solo organizzare un viaggio due volte l’anno e vivere i restanti mesi in attesa. Il viaggio deve essere accanto a me nella vita di tutti i giorni, dev’essere un perenne esercizio a dare più qualità al mio tempo, deve aiutarmi a venire in soccorso a me stessa, non qualche volta l’anno, ma in ogni momento in cui ho bisogno di aprire la porta antipanico di una giornata o di un periodo ordinario che sta diventando soffocante o claustrofobico.
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