Sogni e favole di Emanuele Trevi

Sogni e favole di Emanuele Trevi è un ritratto di Arturo Patten nel periodo in cui ha vissuto a Roma. A raccontare il fotografo ritrattista americano sono la storia di un’amicizia, alcuni luoghi della città e un mondo esistenziale e letterario di altre storie.

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Nessuno potrà togliermi dalla testa che l’unico compenso alla fatica di scrivere, a quella solitudine così frustrante e interminabile, siano le persone come lui.

Tra il liceo e l’università Trevi vive in un alone di trasognata beatitudine, lavorare in un cineclub è alibi e riparo perfetto dalle aspettative del mondo. Quel luogo gli offre mansioni semplici e un tempo che può dilatarsi in abbozzi di scrittura e liste di buoni propositi. Una sera d’autunno dei primi anni Ottanta, in sala è rimasto un uomo solo e in lacrime, sullo schermo non scorrono più immagini ma Arturo Patten è ancora lì immobile preso da una specie di estasi contemplativa.

Arturo è uno di quegli artisti che vivono l’arte come una vocazione, la vita trascorre in un progressivo spremere e consumare se stessi per rendere sempre più nitida la propria visione. Patten vive nell’incessante tentativo di avvicinare l’altro e renderlo consapevole delle proprie maschere. Nel ritratto vuole rappresentare l’individuo in senso assoluto. Mentre Arturo insegue il tempo come un rapace che assorbe stimoli da libri, opere d’arte e conversazioni, Emanuele continua a perderlo chiuso in biblioteca in balìa di una vaga ambizione per la carriera universitaria, da cui sarà proprio Arturo a risvegliarlo.

Adoravo Arturo per tanti motivi, ma al centro di tutto c’era la sua capacità di conoscersi. Era un uomo libero perché sapeva chi era e cosa voleva.

Nelle vie e piazze del centro di Roma si respira ancora il prepotente entusiasmo di Arturo e quel suo particolare modo di comprendere e assimilare il mondo esterno. In Piazza Navona c’è la Panchina di Arturo dove un pomeriggio è rimasto seduto per un tempo indefinito catturato dalla lettura di un libro. Vicino al palazzo del Senato c’è la fontana che un giorno Arturo ha voluto abbracciare. In via del Corallo la casa dove ha abitato.

Trevi scarpina per Roma e camminando riflette sul senso narrativo dell’esistenza, è così che emergono le altre storie che hanno a che vedere con Arturo. La poetessa Amelia Rosselli nella sua solitudine artistica è un’anima in pena che come Arturo ha scelto di togliersi la vita. Cesare Garboli, amico conosciuto grazie ad Arturo, è il critico letterario da cui Trevi raccoglie l’eredità su Metastasio e sul sonetto Sogni e favole. Il componimento è uno dei pochi lavori in cui il drammaturgo del Settecento si ferma a ritrarre se stesso. Scrivendo di sé si ritrova a piangere dello smarrimento di chi, creando arte, sfuma il labile confine tra verità e finzione.

Nessuno al mondo potrebbe sognare il nostro stesso sogno, eppure ci stiamo dentro come se le cose non dipendessero più da noi. Sogni e favole.

Sogni e favole è tra i cinque libri finalisti dell’edizione 2020 del Premio Nazionale di Narrativa Bergamo.

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Sogni e favole di Emanuele Treviultima modifica: 2020-02-29T23:40:44+01:00da lesenedelase
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